VOYAGESILLUMINATION
Viaggi, turismo, mete speciali
I Voyagesillumination, viaggi alla scoperta delle tradizioni e dell'anima dei popoli. La proposta dei Voyagesillumination nasce da un'esperienza pluriennale di ricerca antropologica e vuole trasmettere il gusto del relax, del divertimento, - dalla radice stessa della parola 'divertere',cioè volgersi altrove-, e dell'incontro con culture e punti di vista diversi. Così un viaggio diventa un'opportunità per nuove conoscenze e aperture, per guardare al mondo con occhi diversi.
Viaggiamo in:
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Tibet
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... e aggiungiamo sempre nuove mete.
Tibet - Kang Rimpoche, la Montagna Preziosa
“Secondo la cosmografia mistica dei tibetani e le più antiche tradizioni indiane, il Kailash è il centro dell'universo; ai suoi quattro lati si distendono quattro con¬tinenti, e dalla bocca di quattro animali favolosi, agli angoli di un lago che si allarga alla sua base, fluiscono quattro grandi fiumi: la Ganga (Gange), il Brahmaputra, la Sutlej e la Sit.”
Giuseppe Tucci, Il Paese delle donne dai molti Paese delle donne dai molti mariti, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2005, p.275
Il monte Kailas raggiunge un’altezza di 6714 metri e la sua cima sempre innevata sovrasta, come un re, le vette vicine. E’ la montagna più sacra dell’Asia, luogo santo per indù, bonpo, buddhisti, e jainisti (adepti della religione fondata dal saggio Mahavira, contemporaneo del Buddha), oggetto di devozione per migliaia di pellegrini provenienti da Tibet, India, Nepal e Bhutan.
Racconta Giuseppe Tucci, l’illustre tibetologo del secolo scorso:
“Per la pista, tutta sassi, scende la folla dei pellegrini: persone di tutte le età, dl tutte le fedi e di ogni parte del mondo buddistico e indù. Vanno salmodiando, recitando preghiere, invocando i loro dei, genuflettendosi ad ogni sasso su cui siano incisi simboli, snocciolando i grani del rosario e facendo girare vorticosamente il ‘mulino delle preghiere’, quel comodo strumento che i tibetani hanno inventato per poter innalzare al cielo la loro preghiera tenendo la mente intenta in altri pensieri”. - op. cit. p. 280.
Gli indù lo chiamano Kailasa e lo venerano come dimora di Shiva, che vi risiede in unione con Parvati, la sua sposa. Per milioni di indù recarsi in pellegrinaggio sul sacro monte garantisce la rinascita nel paradiso di Shiva. Identificato con il monte Meru, la montagna cosmica, dimora degli dèi, è l’asse universale attorno a cui ruotano i pianeti e le stelle.
In questo corpo c’è il monte Meru
circondato da sette isole,
ci sono fiumi, mari, montagne, campi e anche proprietari dei campi.
Ci sono veggenti e saggi, tutte le stelle e i pianeti.
Ci sono pellegrinaggi sacri, templi e le divinità protettrici dei templi.
Il sole e la luna, agenti della creazione e della distruzione,
si muovo in esso.
Anche l’aria, l’acqua e la terra vi sono presenti.
Shiva Samhita, II. 1, 2, 3.
Per i Jainisti è il luogo in cui Mahavira, fondatore del Jainismo, raggiunse l’illuminazione.
I tibetani lo conoscono con i nomi di Tise, “il gigante di cristallo” o “Gioiello di Ghiaccio” e Kang Rimpoche, “la Montagna Preziosa di Neve”.
Per i tibetani di fede bon è il luogo in cui Shenrab Miwo, fondatore della loro religione, discese dal cielo sulla terra.
Per i buddhisti è la dimora di Demchok (o Samara in sanscrito), il Buddha simbolo della Suprema Beatitudine che il praticante dello yoga raggiunge a mezzo della pratica meditativa.
Per il pellegrino, monaco o laico, il Kailash è il centro di un mandala, o cerchio sacro, che rappresenta la dimora divina di Demchok, un luogo di potenza e saggezza nel quale è più facile liberarsi dalla sofferenza del ciclo delle rinascite.
Circumambulare il Kailash è raggiungere il centro dell’universo e il centro del proprio essere.
Il percorso corcumambulatorio dura in media tre giorni, ma molti pellegrini, volendo accrescere i loro meriti spirituali, impiegano molto più tempo, dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e alle prostrazioni rituali. Il punto culminante del cammino è il Dolma La, un passo situato sul versante nord orientale della montagna, che raggiunge un’altezza superiore a 5400 metri. La fatica dell’ascesa è simbolo della sofferenza universale e della purificazione dell’anima. Subito prima del passo i tibetani lasciano alla terra qualcosa di sé: un abito, una ciocca di capelli, a rappresentare la morte mistica che permette di rinascere alla vita spirituale.
Indirizzo:
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